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STATUTI E LEGGI DEL LUOGO DI ALICE
ALICE CASTELLO rimase aggregato allo stato sabaudo fino alla proclamazione del Regno d'Italia; la sua storia è legata alle vicende talvolta fortunate, talvolta nefaste di casa Savoia. Ai tempi ALICE CASTELLO aveva una posizione di rilievo rispetto ai centri vicini, possedeva infatti, un tribunale locale che giudicava in materia civile e penale, aveva statuti e leggi proprie, di cui la comunità andava fiera. Nell'ex biblioteca reale di Torino, si conserva i codice originale, rilegato con assicelle di legno ricoperte di cuoio come era in uso in quei tempi. Il codice, scritto il latino, porta questo titolo: " STATUTA ET JURA MUNICIPALIA OPPIDI ALICIS INFERIORIS Y POREGIENSIS DICOCESIS: COMPILATA ET COMPOSITA DE ANNO MILLESIMO QUINGENTESIMO DECIMO QUARTO".Tali statuti e leggi, approvati dall'allora regnante duca CARLO III detto il Buono, furono compilati e redatti dal dottore in legge Battista del Lago di Alice. Il Conte di Masino alla quale la comunità di ALICE rendeva omaggio e giuramento di fedeltà, era tenuto a rispettare i privilegi di cui godeva ALICE, soprattutto per ciò che riguardava le disposizioni contenute nel codice. Tra gli atti si conserva si si riporta quello che riporta il giuramento di fedeltà fatto il 2 Febbraio 1604, fra le due porte del Castello, in mano alla Contessa MARGHERITA di CAMIRANO, moglie di GHIRONE VALPERGA di MASINO, che, poiché il marito era partito per la Spagna, lo aveva sostituito nella funzione di feudatario.

AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Esisteva una rappresentanza comunale chiamata Credenza ( più tardi Consiglio ). I credenzieri (o consiglieri ) erano secondo le epoche in numero di dieci, poi dodici e poi, con provvedimento del 28 Dicembre 1732, furono ridotti a sei. La Credenza si riuniva nella casa del Comune o, alcune volte, nella piazza compresa tra la chiesa antica e il castello. Alle sue riunioni non potevano assistere altre persone, eccetto due persone debitamente autorizzate. I Credenzieri erano obbligati a prendere parte a tutte le riunioni, sotto la pena di multa di 5 scudi; potevano assentarsi solo in caso di grave impedimento e dopo aver ottenuto l'approvazione del podestà. Rimanevano in carica tre anni; prestavano giuramento nelle mani del podestà toccando le sacre scritture. Nel segno della Credenza venivano scelti i Consoli. I consoli eletti prestavano giuramento nelle mani del podestà, godevano di speciali diritti, privilegi ed emolumenti che gli abitanti del luogo erano tenuti a rispettare sotto la pena di una multa di 25 scudi. I consoli rimanevano in carica 6 mesi: dal 25 giugno al 26 dicembre o da 26 dicembre al 24 giugno di ciascun anno. L'autorità più alta era il podestà che veniva nominata nel modo seguente: la Credenza si riuniva in piazza alla presenza dei due testimoni autorizzati. Si presentavano tre nomi al Conte di Masino; questi faceva la scelta che gli conveniva. Il podestà eletto doveva prestare giuramento in mano ai consoli. Egli stesso nominava poi un luogotenente che lo sostituiva in caso di sua assenza. La carica di podestà durava, dapprima un anno, poi due anni. Era anche giudice e come tale teneva giudizio in processi civili e penali e condannava i colpevoli. Alla scadenza del suo mandato egli veniva sottoposto al sindacato della sua gestione. Doveva comparire al banco di giustizia per dieci giorni consecutivi e rispondere a chiunque del suo operato. Se al termine dell'assise non veniva prosciolto, doveva ripagare la comunità del danno arrecatole.

IL LAGO DI ALICE
Alice si trovò spesso in contrasto con i paesi vicini per questione di confini o di diritti sll'uso delle terre e acque. Particolarmente lunga e vivace fu la contesa con Viverone per il possesso e l'uso delle acque del Lago. Dai documenti che risalgono al XXXIII secolo risulta che una parte del lago, ora detto di Viverone, apparteneva ad Alice o meglio, era compresa nel feudo dei signori di Alice. Infatti nel 1221 venne fatta la divisione tra Aimone Bondonno e i suoi fratelli Uguccione e Pietro dei beni che possedevano in Alice; quelli del lago e Monte Peroso andarono ai fratelli Uguccione e Pietro.Nel 1275 il podestà di Vercelli, aveva mandato un suo incaricato a regolare le questioni sui diritti di pesca e questi proibì agli abitanti di Viverone, Roppolo, Loggie e Settimo di pescare nel lago di S. Martino nella parte dei de Bondoni e dell'Abate di Sant'Andrea, sia sotto Viverone sia sotto Alice, sotto la pena di una multa. Il documenti dell'epoca il lago è denominato sia LAGO di ALICE che LAGO di VIVERONE.Le discordie vere e proprie nascono qualche secolo più tardi. Nel 1576 la comunità di ALICE rivolse al duca Emanuele Filiberto una supplica nella quale si diceva che da un tempo immemorabile gli uomini del luogo erano soliti ad "adaquar" la loro canapa nel lago situato tra Roppolo e Viverone, chiamato lago d'Alice, e che ora molti di Viverone danneggiavano la canapa perché non volevano che quelli di Alice godessero di tale diritto. Il duca, il 2 Agosto 1576 rispose proibendo agli abitanti di Viverone e a chiunque altro di molestare gli abitanti di Alice. Ma il decreto ducale non fu rispettato; infatti nel 1578 gli Alicesi ricorsero nuovamente al duca che tornò a proibire . Questa volta l'ordine venne portato a Viverone dal messo giurato di Alice che, assistito da un notaio, lo lesse ad alta voce in una piazza e poi lo affisse al muro. Dopo varie vicissitudini e spese relativamente alte sostenute dai due comuni, si decise di venire ad una amichevole concordato nominando rispettivamente quattro uomini per parte affinché componessero la vertenza riguardante il Lago.La riunione avvenne il 12 Settembre 1592 in località Marronazza o Cugno.Si stabilì che da quel momento non dovessero più avvenire liti e tutte quelle in corso dovessero cessare. Ad Alice furono riconosciuti i diritti di macerare la canapa nel lago e di stenderla ad asciugare nei prati circostanti, di abbeverare le bestie nel lago e di lavarvi i panni; come pagamento si dovevano dare a Viverone due manipoli di canapa per ogni carro. Viverone d'altro canto doveva provvedere a quelli di Alice di una strada comoda per arrivare al lago. Nello stesso tempo, fu proibito agli Alicesi di pascolare le loro bestie nei prati di proprietà di Viverone e, infine, si determinarono i confini divisori tra i due territori. Ma le vicissitudini continuarono ancora.L'usanza di recarsi al lago per la lavorazione della canapa e per lavare, si protrasse a lungo tempo e cioè fino a quando, all'inizio del XX secolo, non si abbandonò del tutto la coltivazione di questa pianta.

GERBIDO DI SELVA
Un altro campo di risse e discordie, questa volta tra Alice e Borgo d'Ale, fu il Gerbido comunale in regione Selva. Gli abitanti di Borgo, il cui Gerbido confinava con quello di Alice, nel portare il bestiame al pascolo, invadevano spesso il nostro territorio, e con altrettanta facilità gli Alicesi invadevano il loro. Si generavano così liti a non finire. La soluzione al problema su trovata in un provvedimento escogitato dall'intendente di sua Maestà ( Savoia naturalmente, trovandoci verso l'anno 1777 ). Infatti durante un sopraluogo, consigliò alle due comunità di vendere un appezzamento di terreno posto lungo il confine da ambo le parti, con l'obbligo agli acquirenti di dissodarle e coltivarle. La vendita fu puntualmente effettuata dai due comuni.


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