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GUERRA TRA FRANCIA E SPAGNA
ALICE CASTELLO fu spesso coinvolto, nel passato, nelle guerre e invaso da truppe straniere, che al loro passaggio lasciavano povertà e rovine. Nella prima metà del 1500 l'Italia fu teatro di guerra tra la Francia ( Francesco I) e la Spagna (Carlo V); il Piemonte ne fu particolarmente travagliato negli anni tra il 1535 e il 1544 e il ducato di Savoia tornò a decadere sia dal lato politico che economico. Nel 1544, poi, il Piemonte fu assegnato ai Francesi che vi rimasero fino al 1559.Il duca CARLO III, morì dopo aver assistito allo sfacelo del suo stato, ma nel frattempo suo figlio EMANUELE FILIBERTO già si preparava a ricostituirlo. Valorosissimo uomo d'arme, combatté per gli spagnoli di re FILIPPO II, vinse i Francesi nella battaglia di S. Quintino (1557), che decise le sorti della guerra. Infatti due anni dopo, si firmo il trattato di Cateau-Cambresis che segnò l'inizio del predominio Spagnolo in Italia. EMANUELE FILIBERTO, come ricompensa per i servigi resi alla Spagna, ottenne di poter restaurare il suo Stato, anche se non gli fu facile, tant'è vero che solo nel 1574 tutto il territorio fu sgombro. Ad EMANUELE FILIBERTO successe CARLO EMANUELE I che cercò di consolidare maggiormente l'indipendenza dello stato e di aumentare il territorio. Le guerre ripresero e il Piemonte fu più volte invaso da Francesi, Spagnoli e Tedeschi.

DISTRUZIONE DI ALICE
Alice venne saccheggiato e incendiato nell'anno 1617: le case e le "travate" (tettoie) distrutte ammontarono a 445. Dalle cronache del tempo e dai bilanci del danno calcolato si comprende come la devastazione fosse enorme, quale mai Alice aveva sperimentato fino allora. Alla morte di CARLO EMANUELE I successe un periodo di circa 50 anni in cui i ducato di Savoia cadde totalmente sotto l'influenza francese.

ALTRO SACCHEGGIO
Le guerre di successione tra Francia e Spagna continuavano. Gli spagnoli erano padroni di buona parte dell'Italia, tra cui la Lombardia; il confine con i domini spagnoli era molto vicino ad Alice: infatti Novara era compresa in essi e facili risultavano le incursioni nel nostro territorio. Ecco che cosa avvenne il 7 ottobre 1649. Proveniente da Cavaglià, arrivò un reggimento di spagnoli agli ordini del colonnello Annone. In previsione del saccheggio che tutti si aspettavano, poiché a Cavaglià i soldati non avevano che lasciato rovine e miseria, si pensò di ritirare nel recetto, ossia entro il muraglione che proteggeva la Chiesa e il Castello, quanta più roba si potesse. Anzi, molti si rifugiarono addirittura nelle Chiese e nel palazzo dell'Abbazia. Ma ciò non servì a nulla: infatti sul calar della sera i soldati spagnoli tentarono di entrare nel recetto. Il rettore, don Giovanni Maria Carello, con altri sacerdoti e consiglieri si recarono a parlamentare con il Colonnello il quale disse che gli occorrevano 15 sacchi di farina. I parlamentari acconsentirono, ma quando ebbero consegnato 5-6 sacchi di farina il colonnello sospese le operazioni dicendo che tutto era suo e di abbassare il ponte levatoio per lasciarlo passare. Le guardie cercarono di resistere, ma i soldati attraversarono il fossato, si arrampicarono sui muri cercando di smantellarli. Le guardie per evitare il peggio abbassarono il ponte e i soldati irruppero nel recetto. Trovarono tutte le porte chiuse ma riuscirono a sfondare quella del campanile ed entrarono in Chiesa. La gente rifugiata fu tutta derubata e le donne subirono villanie e ingiurie. Fu chiamato il Rettore che rimproverò i soldati per lo scempio che facevano nella casa di Dio. Essi risposero che l'armata di sua Maestà, il Re di Spagna, non faceva nemmeno la minima parte dei danni che i soldati francesi avevano provocato nello stato di Milano, così continuarono a fare il loro comodo. Razziarono di tutto e non risparmiarono nemmeno le case dei privati. Dal recetto il colonnello Annone asportò circa 600 sacchi di roba.

PESTE, COLERA E ALTRI MORBI
Le invasioni di truppe straniere, spesse volte oltre che distruzioni, ruberie e spargimenti di sangue, portavano anche terribili epidemie. Già nel 1585 la peste aveva colpito il nostro paese: la popolazione fu diffidata ad avere rapporti con la gente dei luoghi vicini e praticamente rimase confinata fino a che, dopo quattro mesi, il morbo non cessò. In seguito a questo fu eretta la Chiesa di S. SEBASTIANO.La scienza era impotente, non si conoscevano ne le cause ne tantomeno le cure della maggior parte delle malattie. Nel 1679 giunse ai nostri Alicesi la notizia che era scoppiata la peste in Lombardia. In seguito all'invito della Pubblica Sanità, la comunità prese provvedimenti. Si emanò l'ordine di fare giorno e notte la guardia alla quattro porte e, affinché non si potesse passare da altre parti fu allargato e approfondito il fossato intorno alle mura. Anche ai cascinali fu fatta proibizione di accogliere forestieri. Si fecero inoltre funzioni nelle cappelle di S.SEBASTIANO e S. ROCCO.Nel 1688 un'atra epidemia di un morbo non precisato si diffuse anche ad Alice. Infatti il due Aprile di quell'anno la comunità deliberò di promuovere un pellegrinaggio ad OROPA per pregare la Madonna affinché facesse cessare la malattia. Si ha notizia di un'epidemia che mieté molte vittime, specialmente tra i capi famiglia, nel 1729. Più tardi, nel 1867, fu il colera a mietere molte vittime. L'epidemia fu breve ma molto crudele: su 150 persone colpite circa 100 perirono.

I BARBETTI
Nel 1689 un pericolo di ordine diverso incombeva su Alice. Il podestà, nell'ordinanza del 4 Ottobre, comunicò di essere stato informato che i "barbetti" stavano avanzando e, nella loro marcia devastavano e incendiavano i paesi. Francesi e giacobini li definiscono “barbets”(barbèt in dialetto piemontese), ripescando un antico termine usato per designare i valdesi (ma questi, perseguitati dal governo sabaudo a causa della loro religione, sono invece il gruppo più compatto di fautori della Rivoluzione), o, più sbrigativamente, “briganti”, come avverrà poi in tutta Italia. Una definizione che consente agli invasori di fucilarli senza processo, di esporre in pubblico i loro cadaveri a scopo intimidatorio.


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